La suspense è un filo etereo e sottile
Inserito nella trama con mano gentile
In modo nascosto dall'abile autore
Per catturare l'ingordo lettore
Con l'abilità di un accalappiatore
Non usava le parole come una clava
Ma come un coltello da girare nella piaga
Con immotivata feroce insistenza
Approfittava di ogni minima occorrenza
Per trasformare un graffio in una ferita purulenta
Spenta la luce cominciava a pensare
Ai sogni che avrebbe voluto sognare
Nel nostro mare si sarebbe tuffato
E sempre più al largo avrebbe nuotato
Da carezzevoli onde sostenuto e cullato
Custodi di un segreto impenetrabile
A loro stessi ignoto e imperscrutabile
Trascorrevano ansiosamente il loro tempo
In attesa di un imprevedibile evento
Che li sciogliesse da quell'incantamento
La calvizie ora esibita con ostentazione
Era un tempo oggetto di riprovazione
I cambiamenti di costume sono una costante
Dell'evoluzione umana non certo irrilevante
Che differenzia il sapiens da animali e piante
Al limitare dei fiordi più settentrionali
Da ragazzo mi piaceva libero campeggiare
Sugli spazi erbosi incombenti sui frangenti
Del mare nero sferzato dai venti
Mi addormentavo senza pensieri né risentimenti
Troppo stanco per potere agire
Il suo sogno era riuscire a dormire
Ma un'insonnia stizzosa lo perseguitava
Al primo timido sonno lo risveglia
E più stanco di prima si ritrovava
Ormai è raro vedere un scialle
Addobbare confortevolmente le spalle
Di una signora elegantemente vestita
Che fa la maglia con i ferri fra le dita
Ma non rimpiango quell'epoca ormai finita
Immersa in un calcolo piuttosto arruffato
In soccorso le apparve un satiro piumato
Che senza suggerirle la definitiva soluzione
Le indicò una praticabile inedita opzione
Per giungere ad un brillante inatteso risultato
Era l'ermellino dell' insipienza
Senza una macchia di intelligenza
Giunta al culmine di una mesta vecchiaia
Dopo una vita senza peccato né gioia
Eccelleva però in modestia e pazienza
Tutti sanno quel che c'è da sapere
Ma poi fanno finta di non vedere
Tutti sanno quando è ora di andare
Ma stanno fermi inchiodati ad aspettare
Si vede che è così che bisogna fare
Un inconfondibile assolo di tromba ben suonato
Mi ha fatto fare un balzo in un lontano passato
La Vie en rose un tempo era molto popolare
Oggi nei caffè è rarissimo sentirla suonare
La struggente tromba di Armstrong mi ha toccato
Come le erbe stentate e pallide
Che serpeggiano nelle cantine più squallide
Era cresciuto senza affetti né cura
In una stamberga fredda e oscura
Destinato a patire la vita più misera e dura
Sulla parità di genere molto resta da fare
Ma che tanto si sia fatto non si può negare
Al ristorante oggi è comune incontrare
Gruppi di donne ridere e chiacchierare
In passato cosa impossibile da immaginare
In attesa della mitica fusione nucleare
Per la quale pare ci sia ancora da aspettare
Qualche centralina a fissione di ultima generazione
Potrebbe forse risolvere l'attuale situazione
Di penuria energetica che ci sembra strangolare
Aver coraggio è dominare la paura
Non è la temerarietà avventata nuda e pura
Nell'incertezza è la capacità di osare
È affrontare il pericolo invece di scappare
Ma chi non ce l'ha non lo può comprare
Ai murales artistici di bella fattura
Non imporrei alcuna censura
Mentre quei brutti tag scarabocchiati
Che imbrattano i muri e li lasciano deturpati
Li vorrei severamente puniti e sradicati
Guardò con aria sorpresa e contrariata
La giovane commessa appena arrivata
Che in quella storica tradizionale libreria
Non conoscendo la sua notoria ubbia
Gli aveva offerto uno sconto come a chicchessia
Qui voglio fare l'elogio della digressione
Come struttura portante della narrazione
Senza disprezzare la sobria prosa lineare
La ritengo inadatta a chi vuole raccontare
Una storia senza digressioni rischia di annoiare
Mi piace camminando pensare
Ma senza pretesa di filosofare
Non ho grande opinione della filosofia
Né delle altre arti con suffisso IA
Preferisco botanica chimica fisica elettronica
Una cornacchia con incedere sfrontato
Perlustrava ogni stelo del prato
Dall'alto di un vecchio melo fiorito
Un grosso merlo la osservava incuriosito
Nell'indifferenza del cane pigramente sdraiato
Con la voce limpida come un vaso crepato
Era la ragazza più allegra del creato
Non mostrava alcun disagio per la sua menomazione
La considerava una firma una caratterizzazione
E cinguettava come un usignolo innamorato
L'ignoto è un oceano senza sponde
Profondo oscuro senza onde
Esplorarlo è un'impresa infinita
Per farlo non basta una sola vita
Ma il suo mistero affascina e confonde
Era un tipo contemplativo
Silenzioso timido e riflessivo
Soffriva la folla e il clamore
L'eccesso di luce e di colore
Peccato che facesse il banditore
Solitario dai modi sbrigativi ma non duri
Amava i libri amici fedeli freddi sicuri
Rifuggiva il plauso le cariche le onorificenze
Benché grandi fossero le sue benemerenze
Le nascondeva dietro sobrie e schive apparenze
Una scheggia di mantra mi ha fatto inciampare
Mentre camminavo la stavo per pestare
Mille e mille volte ripetuto e recitato
In frammenti insensati si era frantumato
Insieme al precetto che doveva avverare
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| Giovanna d'Arco |
Agnostico come un cardinale rinascimentale
Aveva una collezione senza uguale
Senza badare a spese aveva acquistate
Reliquie d'ogni tipo purché certificate
Curiosamente prediligeva le martiri carbonizzate
Inventò un prodigioso gas esilarante
Che faceva sorridere gli uomini e fiorire le piante
Era una molecola atossica e incolore
Dal profumo delicato e dal gradevole sapore
Da diffondere gratis in ogni continente
Superstizioni bigotterie e pregiudizi
Con denti e unghie s'infilano negli interstizi
Di menti deboli corrotte e ignoranti
Le inviluppano come fanno con le mani i guanti
Ne uccidono le virtù e ne alimentano i vizi
Il volto affilato e lo sguardo severo
Ostentavano un dolore sincero
Ma neppure un sospiro o un lamento
Ne sottolineavano la pena e lo stento
Veniva da dirle vieni ben giù dal pero