Stando ai racconti di mio nonno, che per primo, me lo aveva mostrato nei nostri giri in bici al tramonto, quando il cane ci portava a spasso, seguendo piste olfattive misteriose che solo lui conosceva, era stato una gloriosa nave da carico che batteva rotte oceaniche fino alla Costa d'avorio: il posto più esotico che avessi mai sentito nominare. Avrei sempre voluto infrangere il divieto perentorio di abbordarlo per cercare all'interno della cabina di poppa una bussola, un sestante, una campana di bronzo, miracolosamente scampate alla rovina e ai saccheggi.
Quando Bubu, ormai vecchio, non ce la faceva più a trascinarci fino al porto e si accontentava di stare accucciato tutto il tempo fuori dalla baracca dove il nonno teneva gli attrezzi dell'orto, anche io mi ero adattato alla nuova situazione stanziale. Verso sera, all'ora del nonno, passavo a salutarli, fingendo interesse per piselli, pomodori e carote. Una sola vicenda mi prendeva veramente: la crescita del cardo. Tutti gli anni il nonno allevava un cardo gigantesco che, a metà dicembre, doveva superarlo in altezza per essere poi trasportato trionfalmente in treno a Firenze, come regalo di Natale ad un suo amico e compagno di guerra con il quale aveva attraversato mezza Europa a piedi, per tornare a casa dalla prigionia in Polonia.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.