Rincasando a piedi oggi pomeriggio per una delle mie piste
abituali, mi sono accorto, con una certa sorpresa, che sotto il portico
dei Servi avevano già allestito la fiera di Santa Lucia. Ogni anno mi
pare che anticipino un poco l'apertura della fiera e gli addobbi alle
strade del centro di Bologna per il cosiddetto Natale, benché la notte
di Santa Lucia, invece, rimanga stabilmente fissa il giorno 13 dicembre,
come quando ero bambino. Il calendario non lo hanno ancora cambiato e
neppure la lunghezza della notte "più lunga che ci sia ". Così almeno
diceva il detto popolare che faceva coincidere, sbagliando, il solstizio
d'inverno con la notte del 13 dicembre, appunto quella di Santa Lucia.
Nel paese dei miei nonni e bisnonni, dove trascorrevo i periodi
liberi dalla scuola e dove trascorsi parte dell'infanzia, i bambini
ricevevano i doni proprio nel giorno di Santa Lucia, mentre la Befana o
Babbo Natale non erano diventati ancora molto popolari da noi.
In quei giorni post bellici e preconsumistici, ai bambini venivano
regalati soltanto dei dolcetti, niente di più. A me piacevano molto le
piccole pecorine di zucchero, dure come i confetti, da sgranocchiare con
qualche dispiacere, perché erano molto belle e mangiarle, ovviamente,
le avrebbe distrutte.
E' ormai da un pezzo che non ne vedo più sui banchi di dolciumi e
salatumi, benché spazino dai krapfen sudtirolesi agli arancini di riso
siciliani, come ho potuto constatare anche oggi. Quasi desaparecidos
sono anche i croccanti di mandorle, un tempo molto popolari, sostituiti
da quelli più modesti fatti di noccioline americane. Stessa sorte mi
pare sia capitata allo zucchero filato. Indagherò sulla scomparsa delle
pecorine di zucchero, ma, in compenso, ho potuto notare una ripresa di
popolarità delle statuine di terra cotta o di cartapesta che mi pare
abbiano quasi riconquistato il giusto peso in una fiera che,
originariamente, esibiva la migliore produzione locale di personaggi
destinati a popolare i presepi.
Oggi non ho visto le similwings o le creature angelico-spaziali che erano comparse lo scorso anno. Meno male.
Un tempo, i pastori, con o senza un agnellino al collo, ed un
piccolo gregge di pecore a corredo erano senza dubbio i più diffusi, ma
non mancavano gli arrotini con una mola a pedale, i falegnami, i
pifferai, i ciabattini le donne con un'anfora in braccio o sulla testa e,
molto rare, le mistacchinaie: un omaggio alla cultura del nostro
Appennino che nelle castagne e nella loro farina aveva, per secoli,
cercato una importante fonte di sopravvivenza.
Nel dopoguerra, le statuine esposte alla fiera di Santa Lucia,
venivano proprio dalla montagna bolognese. I pastori di cartapesta sono
sopravvissuti alla modernità che avanza, ma delle
mistocchinaie, neppure
l'ombra, naturalmente. Del resto, non credo che i giovani padri che
aiutano i figli a costruire il presepe conoscano le mistocchine di
farina di castagne, né tanto meno, le povere donne infagottate che le
preparavano in un angolino sotto i portici.
Come novità, mi pare che siano apparsi dei piccoli presepi
essenziali: una piccola capanna con i cinque personaggi di base,
modellati in un solo blocco di creta, già pronti da appoggiare
frettolosamente su di una mensola in un piccolo appartamento di città.
Questi prêt à porter, a quanto ne so, fanno parte della tradizione di
paesi lontani come il Perù, ma la loro praticità potrebbe decretarne il
successo anche da noi.
Vedremo.
Ho scattato qualche foto a corredo di questa chiacchieratina.
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