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14 novembre 2008

Cargo cardo sardo tardo

ven. 14 novembre 2008 Cargo cardo sardo magro

  • Cargo
  • cardo
  • sardo
  • tardo
  • Chi comincia?
  • Tu.
  • Nelle giornate di nebbia più fitta, quando ci si fidava più dei rumori e degli odori che degi occhi per trovare la strada, appariva improvvisamente come un fantasma. La caligine cancellava i segni più evidenti dell'abbandono, spegneva il rosso delle scaglie di ruggine, nascondeva i vetri rotti e i cumuli di rottami sgangherati su quello che un tempo era stato il ponte; restava solo una massa minacciosa da evitare con una decisa sterzata del manubrio, per evitare di volare nell'acqua bassa del porto, dove giaceva semiaffondata da secoli la carcassa del vecchio cargo, ormai senza nome.
  • Stando ai racconti di mio nonno, che per primo, me lo aveva mostrato nei nostri giri in bici al tramonto, quando il cane ci portava a spasso, seguendo piste olfattive misteriose che solo lui conosceva, era stato una gloriosa nave da carico che batteva rotte oceaniche fino alla Costa d'avorio: il posto più esotico che avessi mai sentito nominare. Avrei sempre voluto infrangere il divieto perentorio di abbordarlo per cercare all'interno della cabina di poppa una bussola, un sestante, una campana di bronzo, miracolosamente scampate alla rovina e ai saccheggi.
    Quando Bubu, ormai vecchio, non ce la faceva più a trascinarci fino al porto e si accontentava di stare accucciato tutto il tempo fuori dalla baracca dove il nonno teneva gli attrezzi dell'orto, anche io mi ero adattato alla nuova situazione stanziale. Verso sera, all'ora del nonno, passavo a salutarli, fingendo interesse per piselli, pomodori e carote. Una sola vicenda mi prendeva veramente: la crescita del cardo. Tutti gli anni il nonno allevava un cardo gigantesco che, a metà dicembre, doveva superarlo in altezza per essere poi trasportato trionfalmente in treno a Firenze, come regalo di Natale ad un suo amico e compagno di guerra con il quale aveva attraversato mezza Europa a piedi, per tornare a casa dalla prigionia in Polonia.
  • Il viaggio durato mesi, nei racconti romanzeschi che avevo sentito mille volte con imperscrutabili e improbabili varianti, era stato tragico per l'amico del nonno che ci aveva perduto la salute ed era stato costretto a cambiare radicalmente abitudini e vita. Da pastore sardo era diventato un restauratore di libri antichi. Trasferitosi a Firenze in casa di un fratello, emigrato a sua volta sul continente nel dopoguerra per sfuggire alla miseria, aveva finalmente trovato la fortuna nel modo più bizzarro. Quando nel novembre del '66 l'Arno aveva invaso e stravolto strade e palazzi di Firenze, la sua botteguccia di rilegatore era stata sommersa da richieste di restauro di preziosi volumi sconciati dall'acqua e dal fango della piena.

codice

  • Il magro reddito di un rilegatore di periferia era stato rapidamente dimenticato. Sommerso dalle richieste, nel tardo autunno aveva ottenuto dai frati l'uso di un vasto loggiato arioso dove stendere ad asciugare i maestosi infolio, lavati dalla melma con l'aiuto di studenti volontari venuti da mezzo mondo e di tre garzoni locali, assunti con coraggio, sull'onda dell'entusiasmo solidale che si respirava in quei giorni a Firenze: irripetibile e sconosciuto in città fin dai tempi di Dante.
    Per immeritevole fortuna o per un talento insospettato, aveva raggiunto l'apice della gloria professionale quando aveva inventato un balsamo rigeneratore delle vecchie pergamene, a base di grasso di pecora e di altre sostanze tenute gelosamente segrete. La sua origine sarda non era stata estranea alla scelta, si disse.
  • Fine della storia?
  • Direi, le abbiamo usate tutte quattro e nell'ordine giusto. Adesso, dopo 'sto cargo sardo non vorrai mica mangiare un cardo tardo?
  • Absit iniuria verbis! Piuttosto, cosa ci meritiamo, sangiovese o lambrusco?
  • Lambrusco, stasera e ci facciamo portare anche qualche crescentina calda, prosciutto e stracchino.
  • Amen.

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