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14 febbraio 2010

Murales a Comacchio

dom 14 febbraio 2010 Murales a Comacchio

In un sabato di sole, finalmente, ci siamo ritrovati a mangiare al mare nel ristorante abituale, potremmo dire "di famiglia", con il nipotino Alessandro e i suoi genitori. Lungo il percorso di andata, ci hanno condotto nella periferia di Comacchio, in un quartiere di vecchie case popolari dove si trova un lungo murale dipinto sul retro di piccole baracche in muratura, prospicienti un giardinetto spelacchiato. Me ne avevano già parlato, ma non l'avevo ancora visto e mi è sembrato notevole. Naturalmente, l'ho fotografato e inviato a Flickr.
Cliccando QUI o sulla foto sotto potrai vederlo per intero come slide-show.

Murale a Comacchio

Inevitabile, con il sole alto e in asenza di vento, la rituale passeggiata sulla riva del mare, insolitamente azzurro; un bell'azzurro cartolina che si confondeva all'orizzonte con il cielo terso, senza neppure la nuvoletta obbligatoria. La foce del canale era popolata da una colonia particolarmente nutrita di gabbiani, fermi a dondolarsi in chiacchiere e pettegolezzi dopo il pranzo.

gabbiani


In uno dei pochi caffè aperti, il gestore, da solo nel locale vuoto come una bocca affamata, stava facendosi compagnia con la chitarra, senza cantare. Alla nostra richiesta titubante di caffé (era il barista o un gitano di passaggio?) ha concluso il pezzo in corso con un poderoso slego flamenco per venire a servirci il caffè, rinunciando a colpi di tacco, e schiocchi di mano che gli devono essere rimasti in pectore. Sul soffito giravano le pale come in una bodega messicana... per spingere verso terra il caldo soffiato da una stufona appesa al cielo, mi ha spiegato il gitano, dissipando la mia perplessità.

ponte San PietroAl ritorno, siamo ripassati da Comacchio per cavarci lo sfizio di percorrere per la prima volta il nuovo ponte San Pietro che, finalmente, ripristina il collegamento diretto fra la cittadina e le sue valli meridionali, interrotto dal 1999 quando quello vecchio subì un danno e non fu mai più ripristinato.

In una decina di anni ci si poteva aspettare che i pensosi amministratori di Comacchio, ora sotto inchiesta o agli arresti per sospette disinvolture gestionali, tirassero fuori dal cappello, come minimo, un calatrava mignon, invece niente di più di un manufatto massiccio in calcestruzzo e metallo, sollevabile al centro verso l'alto per lasciare passare le imbarcazioni, un bruttone pronta-cassa, dall'aspetto simile a quelli che il genio pontieri monta nella pausa pranzo, tanto per tenersi in esercizio. Sarebbe impietoso qualsiasi confronto con il ponte di legno sul Reno che i legionari di Giulio Cesare completarono in un paio di settimane per avvertire i Germani che, loro, sull'altra sponda del fiume ci andavano e tornavano a loro piacimento.

Ad ogni modo, varcato il ponte, abbiamo ripercorso con piacere, dopo tanti anni, li lungo rettilineo scalcagnato fra le piatte campagne, sottratte alle acque quando la bonifica realizzò la famosa promessa del politico di turno: "... e questi laghi, saranno prosciutti".



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) dom 14 febbraio 2010 Invia un commento all'autore

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