Il Capodanno gli era passato vicino come un brivido leggero, quasi inavvertito, ma per il resto stava bene, come sempre. Un sospetto gli era venuto vedendo qualcuno per la strada con un cilindro lucido in testa, cappotto nero e papillon bianco al collo, ma niente di straordinario, in definitiva: per fortuna qualcuno continuava a vestirsi come dio comanda.
Lo stupivano di più i ragazzi con i calzoni di tela blu stracciati (apposta?) sulle ginacchia. Poverini, sembravano sempre così assorti con le loro cuffiette nelle orecchie: mai un attimo di respiro per guardarsi in giro senza pensieri in testa, come avrebbero diritto di fare tutti i ragazzi del mondo. Studiavano forse, ripassavano la lezione, probabilmente. Per fortuna i cani in strada sembravano sempre gli stessi, tutti concentrati a scoprire nuove tracce lasciate in giro dagli amici del quartiere e da passanti spudorati e sconosciuti, irrispettosi del territorio.
La nevicata era stata leggera, ma i tigli, completamente spogli, erano diventati una meraviglia: un merletto bianco sullo sfondo di un cielo che tentennava ancora fra il grigio e l'azzurro.
Il giornalaio era chiuso, dubitò che un lutto grave lo avesse colpito, ma nessun avviso confermava, per fortuna, l'ipotesi funesta. Entrò nel solito caffè per chiedere lumi, con il pretesto di un cappuccino ed un croissant salato. Il giornalaio? no, niente di grave, era chiuso come sempre a Capodanno. Rassicurato tornò a casa, a palazzo Braschi, diceva lui, a mangiare una mezza melina e due noci con il pane: bisognava fare festa, allora.
Nessun commento:
Posta un commento