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30 gennaio 2009

Una sì, due no, secondo Google

ven 30 gennaio 2009 Una sì, due no, secondo Google

Ho scaricato la versione più recente di Google Earth per il quale ho da sempre una grande ammirazione ma, questa volta, con qualche riserva in più. Come avranno notato tutti quelli che usano questo strumento per guardare il nostro pianeta dall'alto come un'aquila o come un astronauta, a piacere, le immagini disponibili oggi hanno una definizione molto migliore anche delle "periferie" dell'impero americano, da sempre privilegiato e non solo nelle grandi aree urbane.

Interessanti, ma ancora suscettibili di grandi miglioramenti, sono le ricostruzioni virtuali di alcune città o di alcuni monumenti soltanto. Mi sono fatto un giretto "in auto" per Las Vegas che si presta molto a questo tipo di ricostruzione con raffinati modelli geometrici quasi realistici e mi è bastato per constatare che non è rimasto in piedi quasi più nulla degli edifici strampalati che avevo visto di persona nel '92. Fedele allo spirito del Lunapark, a Las Vegas "tutto si crea, tutto si distrugge" e con una rapidità quasi paragonabile a quella delle grandi feste rinascimentali delle sfarzose corti italiane o francese. Dietro i mascheroni architettonici che ospitano le accanite vedove, incollate giorno e notte alle slot machines, non c'è la mano di Leonardo o di Vattel e fatalmente il pacchiano spopola, ma il risultato è ugualmente spassoso, per i miei gusti.

A San Francisco, anche limitandomi a downtown, mi sono perso, mentre mi sono trovato a mio agio usando lo street view di Google maps, in una passeggiata per Beacon street a Boston: all'apparenza immutata dopo 16 anni. A questo punto, mi è venuta voglia di farmi un giretto per le strade di casa. Prima constatazione: la street view non è disponibile per Bologna; per ora ci si deve accontentare delle mappe tradizionali, ora migliorate e, volendo, integrate dalle immagini stellitari. Ora i nomi delle strade sono più leggibili e muoversi virtualmente per la città è molto più facile che in passato, ma la sorpresa viene passando a Google hearth.

Con uno slancio di generosità, è stato deciso di arricchire la sola vista satellitare con una ricostruzione virtuale degli edifici principali che si affacciano su piazza Maggiore, delle "sette chiese" di santo Stefano e delle "due torri", notriamente il simbolo di Bologna, insieme con la fontana del Nettuno del Giambologna, famigliarmente chiamato "il gigante" dai bolognesi e proprio qui viene il bello.

Delle due torri è stata virtualizzata solo quella degli Asinelli (la più alta) lasciando la Garisenda allo stato di ombra quadrata sul terreno e del Nettuno, neppure l'ombra. Se si aggiunge che, invece. sono state virtualizzate e quindi svettano sulla piatta immagine satellitare due torri praticamente sconosciute e, in realtà, praticamente invisibili nel dedalo del tessuto urbano medievale, il risultato è veramente comico, per non dir altro. Una ricostruzione più superficiale e maldestra nei confronti dei simboli della città era difficile da ottenere e ci ricorda che Google è pur sempre americana e rimane fedele alla linea tenuta sempre dai produttori di filmoni storici, dove qualche legionario romano con l'orologio al polso non stona con l'accuratezza e la fedeltà storica di tutto il resto.
In futuro migliorerà, però, c'è da scommeterci e di questo attivismo fattivo, seppure grossolano, dobbiamo essere grati agli strateghi di Mountain View.


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