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09 marzo 2008

Montgomery

mar. 09 settembre 2003 Montgomery

Quando ci trasferimmo di nuovo a Bologna da Roma erano i primi di ottobre che, all'epoca, corrispondevano all'inizio delle scuole. La casa nuova dove avremmo dovuto abitare era ancora da arredare e i miei sarebbero arrivati soltanto un paio di settimane dopo, così io cominciai a frequentare, da pendolare, la quinta ginnasio, tutta nuova per me.
La mattina andavo in Vespa alla stazione di Modena percorrendo una ventina di chilometri, poi salivo sul treno per Bologna e in atri dieci minuti a piedi arrivavo dalla stazione al nuovo liceo ginnasio: un elegante palazzo cinquecentesco, dove mi aspettava l'ostilità della professoressa di lettere che non mi aveva allevato e selezionato personalmente in quarta e mi considerava, pertanto, un corpo estraneo da respingere.
All'uscita facevo il percorso inverso che mi riportava nel primo pomeriggio nella vecchia casa di famiglia dove mi aspettava, invece, l'accoglienza più affettuosa e premurosa che un ragazzo possa aspettarsi dalla vita, la prospettiva di un giro in bici e di una mezza partitella al pallone.

La giornata cominciava male con la frequenza di una scuola assurda, ma si sviluppava bene con un pomeriggio movimentato e in compagnia di amici, una cena sempre piacevole e ristoratrice, prima di andare a letto presto, in vista della levataccia.
La stagione era buona, ma al mattino presto era piuttosto fresco e non mancava la nebbia a sfumare forme e colori della pianura che si estendeva senza confini su entrambi i lati dell'interminabile rettilineo di platani. Così era indispensabile vestirsi adeguatamente. Un vecchio montgomery color biscotto con gli alamari di cuoio ed un lussuoso bordo di pelliccia interno al cappuccio era proprio quello che ci voleva.


Con il complemento di un buon paio di guanti e la modesta velocità che la 125 di allora consentiva arrivavo in stazione bello frollatino, ma non congelato. Al ritorno, però, il sole meridiano di un ottobre tiepido suggeriva di rinunciare al montgomery, così lo appallottolavo e lo assicuravo meglio che potevo alla Vespa, dietro alle mie spalle.
Non era un oggetto di particolare valore neppure nella sua giovinezza e tanto meno lo era allora, quando il panno si era ormai sdrucito e lasciava intravvedere la trama nei punti di più frequente attrito, tuttavia lo amavo moltissimo e, quando smontando dalla Vespa per entrare a piedi nell'alta loggia di casa non lo ritrovai più, mi dispiacque moltissimo.


Nel corso dei secoli successivi mi sono lasciato andare, di tempo in tempo, a comprare altri montgomery che ho anche portato a lungo, ma nessuno, per una ragione o per l'altra, ha mai saputo rimpiazzare il confortevole tepore del primo. Un paio sono ancora in servizio e l'indosso ancora nelle giornate piovosette e non troppo fredde, ma nessuno di loro è lontanamente paragonabile al glorioso cammellino con la guarnizione di pelliccia, svanito in un viaggio di ritorno da scuola.



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) mar. 09 settembre 2003 Invia un commento all'autore
"Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)

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